Il valore del terroir: perché i suoli del Salento fanno la differenza

Pubblicazione: 15 dicembre 2025

Il vino non nasce solo dalla vite, ma anche dal terreno che la sostiene. In Puglia, e in particolare nel Salento, il terroir è un elemento decisivo. Qui la vite cresce tra mare e pietra, sotto un sole intenso e dentro una terra che parla la lingua del calcare, della sabbia e dell’argilla.

Ogni vino, dal Primitivo al Negroamaro fino ai bianchi più freschi, porta nel bicchiere qualcosa di quella materia: la mineralità, il calore, la sapidità che fanno del Salento una delle zone vitivinicole più riconoscibili d’Italia.

Ma cos’è questo terroir?

Il termine francese terroir si riferisce a un concetto molto più complesso del solo termine “suolo”. È l’insieme di clima, geologia, altitudine, esposizione e, soprattutto, mano dell’uomo. Tutto ciò che influenza il carattere del vino prima ancora che arrivi in cantina.

Nel Salento, il terroir è fatto di contrasti: il mare vicino e la campagna arida, il vento costante e la luce quasi abbagliante, i suoli ricchi di minerali ma poveri di acqua. Un equilibrio fragile che regala uve concentrate, aromatiche e dal profilo autentico.

I suoli del Salento

La parte meridionale della Puglia è una distesa di suoli diversi che cambiano nel giro di pochi chilometri.

Terre rosse: ricche di ossidi di ferro e sabbia, danno vini caldi, morbidi, con note di frutta matura.


Suoli calcarei: tipici delle zone più interne, offrono mineralità e freschezza, ideali per i bianchi e i rosati.


Terreni argillosi: trattengono più umidità e donano struttura e corpo ai rossi.


Il risultato è una straordinaria varietà di profili aromatici, che spiega perché il Salento possa produrre vini tanto diversi, pur condividendo lo stesso paesaggio.

Vento, sole e mare: il clima che scolpisce il vino

Il clima salentino è mediterraneo, con estati lunghe e asciutte e inverni miti. Il vento gioca un ruolo fondamentale: la tramontana e lo scirocco asciugano i grappoli e mantengono le uve sane, riducendo il rischio di muffe.

Il mare, visibile da quasi ogni collina, agisce come un regolatore naturale: mitiga il calore di giorno e restituisce freschezza di notte. Questo sbalzo termico, unito all’intensità luminosa, aiuta le uve a sviluppare profumi complessi e buone acidità.

Esempi concreti: quando il terroir si sente nel bicchiere

Il Mirea Primitivo di Manduria della Masseria Borgo dei Trulli nasce da vigneti che affondano le radici in terreni calcarei e sabbiosi, dove la luce è quasi costante tutto l’anno. Il risultato è un vino intenso, caldo e profondo, con tannini dolci e finale lungo, in cui si percepisce chiaramente la forza del suolo.

Nei bianchi, il Ficheto (blend di Fiano, Malvasia Bianca e Sauvignon Blanc) esprime l’altra faccia del Salento: mineralità, freschezza e profumi floreali, figli di terreni più chiari e ricchi di calcare.

Il terroir come identità

Nel mondo del vino, il terroir resta l’elemento che distingue un territorio. Nel Salento, il legame tra suolo e vino non è un concetto astratto ma una realtà tangibile: ogni bottiglia è una fotografia del suo paesaggio.

Conoscere i suoli e le loro sfumature aiuta a capire perché due Primitivo possano essere così diversi, o perché un rosato di Negroamaro sappia evocare il mare anche a chilometri di distanza. Il vino del Salento è figlio di un territorio che vive di luce, vento e pietra. Il terroir non è solo ciò che sta sotto i piedi, ma ciò che si sente nel bicchiere: la traccia del luogo che lo ha generato.

E riconoscerlo è forse il modo più semplice per capire perché la Puglia non produce solo vino, ma identità liquida.

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