Oggi la Puglia è tra le regioni vinicole più dinamiche d’Italia, ma la sua storia non è sempre stata scritta… sull’etichetta di una bottiglia. Lungo i secoli, infatti, in questa regione il vino ha attraversato fasi alterne: da bevanda quotidiana a prodotto da esportazione, da vino da taglio a eccellenza territoriale. Un percorso segnato da resilienza, evoluzioni tecniche e riscoperta dell’identità.
Le origini: greci, messapi e romani
Le prime viti arrivano in Puglia da lontano. Furono probabilmente i Micenei e poi i coloni greci a portare la coltivazione della vite sulle coste adriatiche. I Messapi, popolazione autoctona dell’area salentina, già nel VII-VI secolo a.C. praticavano una viticoltura rudimentale ma diffusa.
Con i Romani, il vino pugliese acquisisce un ruolo strategico: le anfore prodotte nel porto di Egnazia viaggiano lungo tutto il Mediterraneo, mentre i testi di Plinio e Columella citano i vini prodotti in Apulia tra quelli degni di nota. Il clima favorevole e la varietà di suoli fanno della regione un’importante zona agricola.
Medioevo e dominazioni: vino contadino e uso locale
Durante il Medioevo, la viticoltura non scompare, ma cambia forma. I monasteri preservano parte del sapere agricolo, le masserie cominciano a diventare centri di produzione anche vinicola, ma il vino resta un prodotto destinato quasi esclusivamente al consumo locale.
Le dominazioni normanna, sveva, aragonese e poi borbonica non portano grandi innovazioni nel settore. In compenso, il vino continua a fare parte della quotidianità contadina: semplice, rustico, spesso vinificato in casa, ma sempre presente.
Tra Ottocento e Novecento: il vino da taglio
È nell’Ottocento che la Puglia entra davvero nel mercato del vino. Quando la fillossera colpisce i vigneti del Nord Italia e della Francia, i produttori cominciano a rivolgersi al Sud per trovare vino da taglio, robusto e ricco di colore.
La regione diventa una gigantesca riserva di alcol e struttura, utile per rafforzare i vini più deboli del Nord. Si piantano ovunque Primitivo, Negroamaro, Uva di Troia. Il vino viaggia in cisterne, spesso anonimo, senza etichetta, senza riconoscimento.
Questo modello produttivo regge fino agli anni ’70, ma con il tempo inizia a mostrare i suoi limiti.
La svolta: identità, qualità, territorio
Negli anni ’80 e ’90, qualcosa cambia. Alcuni produttori iniziano a vinificare in purezza, a curare la qualità, a imbottigliare e a scrivere il nome della propria terra sulle etichette. Il Primitivo di Manduria diventa un riferimento. Il Negroamaro, da vino rustico, inizia a mostrarsi elegante e complesso.
Parallelamente, crescono le DOC, nascono le prime cantine moderne, si sperimenta in cantina senza snaturare il carattere del vino. La Puglia inizia a scrollarsi di dosso l’immagine (del tutto errata) di regione da vino economico, puntando sull’identità dei vitigni autoctoni e sull’attenzione al territorio.
La Puglia del vino oggi
Oggi la Puglia è una regione vitivinicola matura, che produce quantità importanti ma sempre più orientate alla qualità. I vini pugliesi sono presenti nei ristoranti, nelle enoteche e nei mercati internazionali.
Il lavoro sulle denominazioni si affianca alla crescita dei vini IGP e ai progetti biologici, sostenibili, artigianali. Cantine storiche e giovani realtà convivono e spesso collaborano. Il legame con le masserie, con l’enoturismo, con la cucina del territorio rafforza ancora di più la percezione del vino come espressione autentica della Puglia.
La storia del vino pugliese è fatta di passaggi lenti, fasi controverse e rinascite. Non è un racconto lineare, ma una stratificazione di esperienze, influenze e cambi di rotta… e noi siamo orgogliosi di farne parte!